Severità ma non troppo
Anche nell’antico territorio dipendente da Bologna il gioco del lotto ha conosciuto avverse fortune: divieti, bolle papali di interdizione, carcere e pene corporali per i trasgressori. Nulla comunque servì a fermare lo sviluppo del gioco.
La comparsa di un qualche sistema di gioco popolare a Bologna e probabilmente nelle Romagne può esser fatta risalire a prima del 1551 secondo quanto risulta in un documento di quell’anno, conservato nell’Archivio di Stato di Bologna.
Tale documento specificava che il lotto era diviso in tre parti ma ciò non è sufficiente per capire esattamente come si articolasse il gioco.
Sappiamo solo che i premi consistevano in gioielli e che l´estrazione veniva effettuata tre mesi dopo l´apertura della raccolta delle giocate.
Inoltre a quella data il lotto non era regolamentato n sottomesso a divieto alcuno tanto che veniva talvolta gestito da Congregazioni, da pubblici amministratori o addirittura da privati cittadini.
Ciò non vuole dire che lo Stato Pontificio non fosse a conoscenza della sua esistenza o ancor più dei guadagni che ne derivavano. Infatti nel 1589 Sisto V decretò che i premi, vinti al lotto e non ritirati entro i 10 giorni successivi, fossero devoluti alla Compagnia di S. Bernardo in Roma.
Ma proprio della fine del´500 il primo decreto con il quale si vietò ogni tipo di lotteria.
Per quanto riguarda il gioco del lotto nell´accezione moderna, dobbiamo ricordare che sempre stato strettamente legato al lotto di Roma da quando Giulio II nel 1506 sottrasse la regione al dominio della famiglia Bentivoglio.
Come in altre regioni d’Italia, anche qui i divieti non impedirono per lo sviluppo del gioco.
Non a caso il testo del successivo bando del 22 settembre 1714 iniziava proprio con l´evidenziare la “poca stima si era avuta delle proibizioni tante volte promulgate de Giuochi”, le prime risalivano al secolo precedente.
Ci fu quella imposta dal Cardinale Cybo, con la sua lettera del 17 ottobre 1676, con cui “si vietavano i giuochi d Lotti di Genova, Milano e Torino, e di qualsivoglia altra Città, e Luogo”.
Il 3 gennaio 1710 il Cardinale Lorenzo Casoni, riconfermando tutte le proibizioni ordinate dai suoi predecessori, vietò ogni sorta di giochi, fra cui dadi, riffe e lotti. Innocenzo XIII nel 1721 ammise il gioco a Roma e in tutti gli Stati della Chiesa.
In quell´occasione Bologna per motivi più di cassa che di campanile, chiese ed ottenne di mantenere il proprio gioco senza rientrare nella gestione centralizzata di Roma.
Nonostante questo, il gioco fu cancellato da Papa Benedetto XIII e poi reintrodotto da Papa Clemente XII nel 1731 (si veda la storia del lotto a Roma).
A seguito dell´occupazione francese, il lotto bolognese si separò da quello dello Stato pontificio anche se si seguitarono ad accettare scommesse per estrazioni effettuate in diverse parti d’Italia, tra cui Roma.
Anche a Bologna il gioco del lotto era strettamente legato alla sorte delle “solite”… zitelle.
Photo of Busto di Sisto, opera di Ubaldo Ferretti. by . Some rights reserved.